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venerdì 20 luglio 2012

Alla fine della cena

A cena con #collegaV, dopo il lavoro, nella mia Città Senza Fiume.
Lo sapete, siamo amici.

Fuori c'era ancora la neve, ma non è cambiato nulla.

"meglio che vada, è tardi"
"domani chi c'è in turno in biblioteca?"
"io e #altra collega"
"ora che arrivi a casa in campagna e dormi e domani ti alzi non riposerai tante ore"
"già, vado"
"poi domani c'è anche la prova del coro, vero?"
"già"
"finisci di lavorare alle 19, poi devi rimanere in città..."
"...da sola"
"...in città da sola, cenare da sola e poi fare le prove"
"già"
"poi giovedì di nuovo, siamo in turno io e te"
"già"
"poi torni a casa, tardi, fai le prove dell'altro coro e venerdì di nuovo riprendi il treno per venire qui"
"già"
"sbattimento."
"sbattimento, sì, ma va bene"
"sai, pensavo"
"dimmi"
"sei stata coraggiosa. Avresti potuto non cambiare assolutamente nulla, e continuare come prima"
"già"
"dormire qui in città"
"già"
"avevi una casa, con #lui, potevi cenare lì, a casa, fra il lavoro e le prove"
"già"
"e non stare in ballo dalle 9 di mattina alle 23.40 di sera"
"23.40 se va bene"
"avresti potuto dormire ogni mattina fino alle 9 e andare al lavoro in 5 minuti, in bici"
"già"
"avresti potuto semplicemente continuare a non essere sola"
"già"
"avresti potuto"
"avrei potuto. E tu? Anche tu avresti potuto rimanere in Italia, il paese dove alla fine vuoi vivere"
"già"
"avevi questo lavoro, ti avrebbero senz'altro rinnovato il contratto"
"già"
"non ti aspetterebbero 3 anni in un paese umido e straniero dove ragionano e guidano al contrario, e dove ti attende un dottorato di ricerca in una delle università migliori d'Europa, non uno stage a Disneyland"
"già"
"forse avresti ancora #lei"
"eh, già."
"sei stato coraggioso"
"già."
"ti ammiro"
"e io te"
"vino?"
"già."
"non mi pento di niente, sai"
"nemmeno io, anzi"
"era quello che entrambi sentivamo di fare"
"esatto"
"lo sapevo che avrei pianto"
"già. Senti, beviamo questo vino."
"ok. Tutto?"
"è il caso."

venerdì 6 aprile 2012

L'orgasmo di Murphy

Nella biblioteca dei pazzi di conservatorio, siamo in turno io e #collegaV.

Non c'è un'anima, sono le 12.17 di un sabato di sole e non vediamo un utonto da ore.
Soli, completamente.
Due scrivanie vicine, nessun utente, nessun maestro, nessuna telefonata.
Abbandonati a noi stessi, io e la versione mantovana di Jerry Seinfeld.

E' dunque logico che, mentre io catalogo i cd di Amadeus e lui tenta di far partire un prestito interbibliotecario, salga inesorabile il livello delle cazzate, fino a che proprio #collegaV non resiste e dice una di quelle cose che mi fanno incazzare come una iena.

E mentre ci accartocciamo sulla tastiera ridendo e lui rincara la dose e io protesto e lui mi fa il verso imitando me mentre dirigo facendomi pure la voce io gli tiro addosso un rotolo di scotch, ed è allora che entra il direttore del conservatorio di Parigi.

Non un topo, o maestro 911, o maestro Intolleranza70, o uno sparuto utonto adolescente che non sa contare fino a 3, o Valeren, o Rocco Tanica.

Il direttore del conservatorio di Parigi.

E il mio ex moroso. Appaiati.

Ottimo.

Facciamo finta di niente (come se servisse a qualcosa), io divento di un colore indefinito della gamma dei malva, #collegaV timbra il plico dell'interbibliotecario con 4 timbri a caso tra cui "SIAE" e "Repubblica Cispadana" e scrive il mittente al posto del destinatario, l'ex moroso guarda da un'altra parte mordendosi il labbro e il direttore del conservatorio di Parigi con ammirevole classe ci chiede di consultare il Fidelio di Beethoven.

Non è necessario dire che in quel momento va giù tipo tutto il server della provincia, e al posto dell'opac con cui cerchiamo i libri compare una serie interminabile di errori 503.

E neanche che #collegaV, solitamente bilingue, improvvisamente riesce ad esprimersi solo in dialetto mantovano.

Mi aggiusto gli occhiali come una segretaria d'azienda e dopo aver fatto finta di cercare nell'opac vado direttamente a scaffale, tanto l'opera omnia di Beethoven lo so perfettamente, dov'è.

Al fine di esaltare la tragicità del momento il direttore del conservatorio di Parigi mi segue, e mentre annaspo tra gli scaffali dedicati a Brahms con gli occhi dell'opossum perduto lui trova al volo il libro, lo apre alla pagina che gli serve e prima che io capisca cosa cazzo è successo lui è tornato al front office, ha fatto la tessera registrato il prestito fatto le fotocopie e smontato un armadio.

Farfugliamo qualcosa in italiano (io), mantovano (V), francese (lui), niente (ex moroso), salutiamo, raccolgo da terra lo scotch e poi niente, basta.

Sentivo le urla di Murphy da qui.

lunedì 19 gennaio 2009

...

Eh, questa casa non è un albergo.

La cosa buffa

La cosa buffa di quando litighi con tua madre è che quasiasi cosa tu dica, per esempio "gli spostamenti interni alla litosfera sono analizzati dalla tettonica a placche", lei ci trova sempre qualcosa da ridire.

Urlando, possibilmente.