venerdì 26 settembre 2014

17.07 - Game over

Game over dell'intera civiltà conosciuta, dico.

Che vengano i procioni infestanti a invadere il nostro mondo, perché come dicono sempre certi miei coristi sono più furbi e carini di noi - e almeno loro fottutamente logici, cazzo!

Quindi beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia, perché il tempo è vicino. Amen.


#1 Appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde si seccò

Nella biblioteca dei pazzi di conservatorio siamo in turno io e #collegaT; entra UtontaTicinese.
Forse qualcuno dei prodi più fedeli tra voi ha già ascoltato questa triste storia nei meandri dei commenti passati, ma comprenderete che è d'uopo riesumarla.

ore 10.35
UtontaTicinese si mette alla postazione pc per la navigazione libera su internet.

ore 16.42
UtontaTicinese, che avevamo peraltro completamente rimosso dalla nostra coscienza, stampa autonomamente un foglio da internet con la stampante pubblica.
Già qui ci sarebbero gli estremi per un Nobel, ma sulla scorta di una sana diffidenza decidiamo di soprassedere.

(Soprassediamo perché è dalle 10.35 che fa scratch scratch col mouse e indossa occhiali da sole. Comunque.)

Comunque UtontaTicinese si alza col foglio in mano e raggiunge noi al front office.
Sì, sempre tenendo gli occhiali da sole. In biblioteca.

UT: "senta, le chiedo una cosa"
io: "certo, dica pure"
"ho stampato questo foglio."
"ok, certo"
"..."
"non ci deve nulla, è gratuito fino a 5 fo..."
"no ma dico: la carta è bianca?"
"..."
"..."
"come la carta è bianca"
"sì, nel senso: questa secondo lei è carta bianca?"

Mando giù, mi metto comoda, la mano sul pulsante rosso di avvio fasci di ioni di piombo.

"in che senso?"
"le sto chiedendo se è bianca, secondo lei, questa carta su cui ho stampato questo."

Mi mostra il foglio incriminato, un biglietto del treno delle ferrovie svizzere appena stampato sulle risme di carta riciclata che il conservatorio compra da circa 15 anni.

"signora, certo che è bianca. E' carta."
"bianca?"
"sì."
"è sicura?
"senta, questa è carta bianca ed è BIANCA"
"okokok. Ah."
"..."
"..."
"..."
"no, perché."
"cosa"
"insomma io devo stampare su carta bianca, ma questa non è che sembra proprio completamente bianca!"
"ma che sta dicendo? E' un foglio di carta bia..."
"sì ma deve essere proprio bianco!, l'han scritto qui!"
"ma scritto cosa, chi! Perché!"

Sbuffa tutta scocciata ("ah che fastidio queste scimmie che vivono a Sud del Canton Ticino"), ha ancora gli occhiali da sole ed estrae dalla borsa un cartoccio sgualcito, il quale si rivelerà essere una lista di istruzioni per farsi rimborsare il biglietto del treno.

"vede? Vede? C'è scritto: inviare in busta chiusa a xxx il biglietto, stampato su carta bianca, "su carta bianca", ecco vede? Bia..."
"dunque, innanzitutto questa è una biblioteca di conservatorio. Facciamo stampare 5 fogli gratis al giorno a ciascuno. Non ci sono i soldi per comprare i leggii e la carta igienica. Se questo bianco non le va bene può comprarsi una risma del cazzo del cazzo di bianco che vuole lei, cazzo, e stampare da casa sua del cazzo. OK?"
"m. ok. m."
"ok."


#2 
ore 17.07. Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, e si fece buio, su tutta la terra

Nella biblioteca dei pazzi di conservatorio, oggi.

Entra Utontagitata, una deficiente che fa l'insegnante e deve sempre fare la simpatica-radicale-alternativa-androgina-forse-lesbica-repressa-ma-sposata-con-un'ameba-e-non-mi-trucco-perché-sono-superiore-a-queste-stronzate, ma che in realtà colleziona figure di * da quando la conosciamo.

Specializzata nell'attaccare discorso mentre sei al telefono con un bookseller di Venezia, Utontagitata vive nel suo bellissimo mondo in cui si fa a tutti i costi la differenziata, si insegna alle elementari con tanti bei principi alternativi ma non si riesce a stabilire la connessione logica "se esco di casa mia >> non sono più a casa mia".

Per farvela breve, oggi al termine di un pomeriggio di studio nella sala di là in cui ha fatto collages e borbottato da sola fino alle 17 si rimette lo zaino-da-cittadino-del-mondo-che-va-in-vacanza-in-tenda in spalla e, nell'uscire salutandoci pomposamente, con nonchalance SPEGNE LE LUCI DELLE SALE DI LETTURA.

"ma cosa cazzo..."
"eh no beh ho spento perché ho finito e sono già le cinque e comunque non c'è nessuno quindi risparmi grazie carissima e arrivede..."
"riaccenda. le. luci."
"... ehm, uh?"
"spero che stesse scherzando, questa è una fottuta biblioteca pubblica CHE COMUNQUE chiude alle 19"
"no vabbé ma supercalifragilistichespiralidosparmiare energia e..."
"riaccenda"
"okokok-oche..."

E fu così che saltò la luce.

Appena toccato l'interruttore per riaccendere tutto salta la luce in tutta la biblioteca, i computer, i bagni del piano sotto, il pc dell'ufficio di #capo, scattano la sirena della centralina dell'antincendio, le orrende luci beghelli e si fermano per sempre gli orologi automatici della suola, rimanendo bloccati sulle 17.07 - sì, come la torre dell'orologio di quel film che ve lo sto anche a dire, che l'avete visto tutti 80 volte anche in hindi al contrario! - e bloccando l'innesco delle campanelle di chiusura e fine lezione.

Disperata, si profonde in scuse che non finiscono più.

Inutile dire che ovvio, ti scusi della cosa che non dipende da te (il black out) ma non della cazzata di spegnere orgogliosa le luci di una biblioteca pubblica come se fossi a casa tua solo perché stavi andando via, ma certo, scema io, scemi voi, scemo Zemeckis, scemi tutti cazzo.

Dopo 5 minuti di delirio di quadri elettrici e telefonate concitate tutto viene ripristinato, tranne gli orologi della scuola (servirà del plutonio).

Sulla sua faccia regna uno strano pallore smorto (aka figura di * #3561).

"io... io..."
"quindi esiste un dio"
"eh?"
"niente."
"..."
"."







[comunque non ho niente contro chi va in vacanza in tenda]

venerdì 5 settembre 2014

Gìsas ìnfans

Nella biblioteca dell'Augusta Città di X, dove io e il mio corista #tenoreOne (quello con cui amo condividere il sushi nei non luoghi dopo le sconfitte elettorali) cataloghiamo libri antichi - pattume, come ha elegantemente chiosato una collega locale -, è arrivata una nuova #stagista.

Diciottenne, fresca di patente, iscritta all'ultimo anno del Classico, bionda, camicina benetton, la faccia di quella che si iscriverà a Lettere.

Discorriamo di libri antichi pattume. Ma che bel lavoro, da quanto lo fate, che bello catalogare, io sono solo una stagista ma ho grandi progetti, amo il classico, adoro il greco, che bello il latino, historia magistra vitae, bla.

#tenoreOne tira fuori dal libro antico pattume che sta catalogando un santino del '700.

Fa schifo, uno stile tipo ex voto di campagna, per cui ridiamo tutti, #stagista compresa.

Poi #stagista lo guarda.

"beh, e perché è in inglese?"
"..."
"..."
"come, inglese"
"inglese. C'è scritto Gìsas Infans"
"..."
"non è inglese"
"voglio morire."
"non è inglese cazzo, è latino!"
"...ah"
"ma non facevi il classico?!"
"..."
"voglio morire"
"latino cazzo!"
"sì vabbè ok, ok!"
"..."
"..."
"..."
"muoio."
"."

Poi gelo.
Come vedete anche io ho i miei stragisti, diamine!